Dal salone di provincia alle passerelle internazionali. L’evoluzione di un hair stylist che collabora con fotografi di fama mondiale nel mondo della moda e della pubblicità.
Lavorando nel mondo della moda e della pubblicità, cambia la visione professionale. È questa una delle indicazioni che emergono dall’intervista a Simone Prusso che, dalla provincia brianzola, è arrivato alle più importanti passerelle e alla collaborazione con i più affermati fotografi del fashion e della pubblicità.
«Come tutti nel settore dell’hair style, ho iniziato a lavorare giovanissimo, a 14 anni, in un salone della Brianza, chiamato Virgola, mentre frequentavo ancora la scuola da parrucchiere. Ho lavorato lì fino ai 19 anni, quando mi hanno offerto la gestione di un salone a Cesano Maderno (sempre in provincia di Monza Brianza)», ci racconta. E aggiunge il momento di svolta: «In quegli anni ho vissuto un’accelerazione notevole della mia formazione perché, avendo scoperto di avere un’allergia alle tinte, ho bruciato le tappe per potermi occupare solo dello styling e del taglio, cosa che, solitamente, accade in una fase molto più avanzata del percorso professionale».
Poi come sei approdato al mondo della moda?
Dopo una vacanza a Londra, ho lasciato tutto per trasferirmi in Inghilterra. Il mio sogno era lavorare con il famoso brand Tony & Guy, e così ho iniziato come assistente presso la loro Accademia. Quando poi sono andato a lavorare nel loro negozio di Covent Garden, è capitato di fare la mia prima esperienza nel settore fashion, curando lo styling delle modelle di una sfilata organizzata dall’azienda di consegne floreali a domicilio Interflora. Da lì, ho iniziato, lavorando part-time, a costruire il mio book. Poi, a Milano per una visita ai miei genitori, ho sostituito un collega in uno shooting e questo mi ha introdotto nel settore, e ho iniziato a lavorare con un importante fotografo, Pierpaolo Ferrari, che pubblica la rivista “Toilette Paper” insieme all’artista Cattelan. Da quel momento ho lavorato con diverse agenzie, sia italiane che internazionali, come l’attuale Julian Watson.
Come cambia l’organizzazione del lavoro di un parrucchiere che si occupa di sfilate di moda e pubblicità, rispetto a chi ha un salone?
Sono ambiti totalmente diversi. Quando lavori per l’immagine cambia tutto rispetto a quando il tuo obiettivo è quello di accontentare una cliente, pettinandola al meglio. Nel mio caso, la piega non deve essere per forza perfetta, perché lo scopo è realizzare una bella foto. L’errore più frequente di chi approda alla pubblicità dopo aver lavorato in salone è di pettinare le modelle, risultando spesso incongruenti con quello che si sta facendo. Il cliente, in questo caso, non è la modella ma lo stylist, o il fotografo o la redazione. Sono queste le figure che, di volta in volta, devi accontentare. Poi cambiano le tempistiche e il volume di lavoro. Spesso devi lavorare solo una o due modelle, specialmente nelle ore mattutine: poi il resto della giornata si gestisce il lavoro affinché tutto funzioni al meglio per le foto.
Ti avvali dell’aiuto di assistenti?
Soprattutto per le sfilate capita di averne di numerosi, specie se le modelle da preparare sono 40 o 50. In quel caso io faccio il fitting dal designer che mi fornisce le linee guida e poi faccio delle proposte in base al tipo di sfilata. A quel punto definisco di quante persone ho bisogno, scelgo i miei collaboratori: quindi faccio un briefing con loro e li gestisco, dando poi il tocco finale a ogni stile. Per i servizi fotografici invece di solito ho due o tre assistenti, a seconda dei casi. Io stesso sono stato assistente, per molti anni, del parrucchiere Guido Palau.
Hai curato il look di Paola e Chiara per Sanremo: come è andata?
In realtà ho curato la comunicazione pre-Festival e per il nuovo album. Conosco Paola da parecchi anni, ho lavorato con lei anche in passato. Lei quindi conosce il mio stile, sa che l’immagine che creo non è quella di una donna molto artefatta, anzi è un archetipo raggiungibile. Perciò Paola mi cerca quando vuole comunicare quel tipo di immagine. Si fida di me e poi conosco il fotografo – Paolo, il suo compagno – e mi documento sul mood che adotteranno stylist e fotografo. Così nasce un total look.
È ancora possibile creare look che fanno tendenza?
Non credo. La moda non è più quella di prima, quando se andava il “bob”, tutte chiedevano quel tipo di taglio. Piuttosto ci sono ispirazioni. Credo che non sia possibile più pensare a un hair stylist che possa creare qualcosa di talmente innovativo da generare una tendenza. Si è già visto tutto e questo è anche il bello, perché convivono tagli classici con quelli più spinti e particolari, come possono essere una cresta di ispirazione punk o capelli dai colori shock.
Quale caratteristica ti ha consentito di arrivare al livello professionale che hai raggiunto?
Penso siano state le circostanze nel senso che, talvolta, ci sono persone molto brave che però non riescono a gestire il set. Per fare il mio lavoro è necessario riuscire a trovare il giusto equilibrio con gli altri artisti che collaborano per la riuscita del servizio fotografico, diversamente dal salone, dove invece l’unico artista sei tu. Per questo bisogna avere quella sensibilità che ti consente di fare un passo indietro per lasciare anche alla creatività e al senso artistico degli altri – make up artist e fotografo – di esprimersi. Questa sensibilità si acquisisce solo con l’esperienza.
Photo: Julian Watson Agency