Tassazione, lavoro sommerso e scarsa regolamentazione della formazione professionale. Intorno a queste tre tematiche si è svolto presso la Camera dei Deputati – nella Sala del Cenacolo di Montecitorio – un incontro sulle criticità del settore parrucchieri e acconciatori, tra le categorie più penalizzate dalla pandemia e dalle chiusure. A commentare, Luca Piattelli, presidente di Hair Lobby / Conflavoro, e Lele Canavero, imprenditore e formatore nell’hair&beauty.
In un periodo storico che vede l’economia subire pesanti ripercussioni sul lavoro – per l’innalzamento dei costi delle materie prime e della crisi energetica legata al conflitto in Ucraina – l’iniziativa promossa dal marchio Wella ha coinvolto a fine gennaio l’onorevole Riccardo Zucconi, Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente di strategia presso l’Università Bocconi e Maria Francesca Quattrone, avvocato specializzato. A coordinare gli interventi è stato il giornalista Jimmy Ghione, volto noto di Mediaset.
Relatore centrale del convegno è stato lo stilista e titolare di saloni Luca Piattelli, presidente di Hair Lobby / Conflavoro, nuova formazione di rappresentanza della categoria acconciatori. Oltre a delineare il quadro complessivo della situazione del comparto, Piattelli ha illustrato le tre proposte di legge presentate in Parlamento.
«Il nostro settore – spiega Luca Piattelli – ricopre un ruolo fondamentale anche dal punto di vista sociale: siamo una categoria classificata artigiana ma che, al contrario degli artigiani, subisce una tassazione IVA decisamente superiore. Per questo chiediamo la riduzione delle aliquote Iva, dato che gli acconciatori sono l’unica categoria artigianale che versa il 22% quanto i commercianti. Quest’ultima richiesta, oltretutto, trova le basi nella Direttiva UE 2022/542, che dispone appunto una riduzione Iva peraltro maggiore rispetto a quella da noi richiesta».
Negli altri Paesi Europei come ad esempio l’Olanda, le prestazioni professionali di acconciatura sono soggette ad un’Iva agevolata al 6% anziché il 19%. Questo ha portato il settore ad avere risvolti positivi, aumentando il fatturato e creando nuovi posti di lavoro. Anche in Inghilterra, di recente è stata presentata al Governo la campagna #SaveOurSalons che chiede la riduzione dell’IVA dal 20% al 5% per i parrucchieri.
«In riferimento all’aliquota IVA – commenta Lele Canavero – sottolineo con forza che sono d’accordo sul fatto che una riduzione dell’aliquota possa creare più giovamenti e benefici che problemi. Resta il fatto che spesso e volentieri il problema non sta nell’aliquota IVA quanto nel modo in cui il parrucchiere esercita il suo essere nello stesso tempo artigiano e artista. Quella del parrucchiere è un’attività particolare, eclettica: spesso è proprio la mentalità che deve essere sia artigiana che imprenditoriale. Diversamente il rischio è che l’abbassamento dell’aliquota produca una guerra di sconti e di abbuoni, invece di migliorare un tessuto che andrebbe rivisto da più prospettive».
Una formazione da regolamentare, puntando alla qualità
Gli altri due punti richiesti da Hair Lobby / Conflavoro riguardano la formazione professionale. Spiega Piattelli: «Da un lato occorre una migliore qualità nella formazione degli aspiranti operatori e anche nelle varie fasi di aggiornamento necessarie per stare, sotto ogni profilo, al passo con i tempi. Come terzo punto chiediamo la creazione di un albo professionale dei formatori per regolamentare e seguire nel migliore dei modi chi svolge questa professione».
Sul punto della Formazione, Canavero ribadisce l’importanza ma anche la necessità di neutralizzare l’abusivismo: «Con tutta l’onestà di cui siamo capaci, dobbiamo ricordarci che la formazione dei parrucchieri spesso è andata incontro a grandi difficoltà: in primis alla bassa qualità delle scuole e al fatto che non si è mai fatto nulla di concreto per eliminare l’abusivismo. Esistono fior di scuole che hanno smesso di operare perché di fatto si sono rese conto che creavano i primi concorrenti ai loro stessi saloni. Senza ritorni economici, un parrucchiere si ritrovava come allievi persone che, invece di andare poi a lavorare nei saloni, utilizzavano il know-how per seguire clienti casa per casa. Per cui, ha senso intervenire sul concetto delle scuole e sulla formazione delle nuove leve, nel momento in cui si fa qualcosa di concreto contro l’abusivismo».
Infine, Lele Canavero espone la sua opinione sull’albo professionale per la categoria dei parrucchieri: «In Italia più che di albi abbiamo bisogno di competenze. Detto questo, l’intenzione è ottima e avrà un senso se riusciremo a evitare di fare le cose all’italiana. Penso a ordini professionali come quello dei giornalisti che non garantiscono la qualità dei professionisti… L’albo deve essere visto come un’opportunità di crescita ed elevazione del mercato, non a creare l’ennesimo espediente per inquinarlo».