Prendersi cura dell’immagine, regalando l’emozione di sentirsi migliori: è la mission di Abla Barka

di Paolo Robaudi
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Nel cuore di Milano si trova Abla Barka, Hair&Fashion Atelier che aiuta le persone a rinnovare o trovare il proprio aspetto ideale a 360 gradi. Come? Ce lo racconta la sua titolare.

 

Abla Barka, hair coach internazionale, ha vissuto la maggior parte della sua vita all’estero (Europa, Asia, America, Middle East) osservando, analizzando, assaporando e sognando per maturare una visione completa della bellezza. Il suo è un approccio aperto e pronto all’empatia con le culture più diverse. Grazie a questa esperienza, ha capito che la bellezza può avere tante componenti. In questa intervista ci spiega il perché.

Partiamo dalla storia del salone: ci racconta la sua nascita e i suoi obiettivi?

Ci sono stati due momenti molto importanti nella mia vita che mi hanno portato a creare questo spazio. Il primo è legato alle mie origini: sono nata e cresciuta in Belgio, ma mia madre è algerina, beduina del deserto. Da bambina, quindi, trascorrevo spesso l’estate in Algeria nel deserto, e mia nonna mi portava spesso all’hammam. Era un luogo dove le donne si incontravano e andavano a farsi belle. Quando mia nonna mi portava, per arrivarci si attraversava un cortile in fondo al quale si trovava questo luogo magico. Non era solo un posto dove le donne andavano a lavarsi, ma era proprio un punto di ritrovo in cui le donne trascorrevano il proprio tempo fra di loro, scambiando idee e condividendo consigli e segreti di bellezza. Ogni donna mostrava all’altra qualche trucco: c’era chi dava consigli su come raccogliere i capelli, chi portava dei trucchi appena arrivati dalla Francia, chi portava nuove stoffe o modelli di vestiti. Diventava insomma un luogo di libertà di espressione in cui vivere il proprio tempo libero, un concetto affatto scontato in un Paese e in un tempo in cui trovare questo tipo di spazi – soprattutto per una donna – non era facile. Da bambina rimanevo molto affascinata dal mondo dell’hammam, così ho sempre pensato: «Un domani anche io vorrei tanto uno spazio del genere».

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Il secondo momento che mi ha portata ad aprire il mio atelier nella forma in cui è, risale a quando lavoravo per un’azienda multinazionale. Ero Education Director e facevo formazione in giro per il mondo. A colpirmi – e quindi a segnarmi – durante ognuno dei miei viaggi, è sempre stato il momento in cui il lavoro di formazione finiva: i miei studenti – ovunque mi trovassi – mi chiedevano sempre cosa avessi visto negli altri Paesi, quali fossero gli usi, le mode e le tendenze…questa curiosità e questa condivisione arricchivano ancora di più le nostre esperienze. L’Atelier Abla Barka, quindi, nasce come somma di questi due grandi momenti vissuti nella mia vita, ma non solo. Se mi viene chiesto cosa sia per me un salone, risponderei che è sia il luogo di lavoro di un artigiano, sia lo spazio di un artista. Il mio atelier si colloca proprio a metà strada tra questi due mondi, è un laboratorio in cui c’è soprattutto condivisione: non si tratta solamente di capelli, perché abbiamo anche un fashion corner e lo spazio dedicato al make-up, un corollario che ci aiuta a costruire una nuova immagine per i nostri clienti, enfatizzando così le loro peculiarità. Il cliente che entra in questo spazio, quindi, vive un’esperienza totale.

Come è arrivata a Milano?

Prima ero a Parigi, lavoravo per una multinazionale, mi hanno chiesto di venire qui a fare uno stage. Perché sono rimasta? In Italia c’è uno stile di vita inconfondibile: arte, bellezza, cibo, vino… Ognuno di questi elementi si fonde in bellezza, in qualsiasi campo. Quello che noto spesso, però, è che siamo più noi stranieri ad apprezzare l’Italia rispetto a voi italiani. E tuttavia, l’italiano ha una marcia in più, e voglio anche spiegare il perché. L’italiano nasce in un Paese in cui a ogni angolo di strada trova arte, storia…l’italiano ha quindi l’occhio allenato alla bellezza, ecco cosa gli dà una marcia in più. Tutto questo in Belgio non lo abbiamo.

Come fa selezione e come gestisce il gruppo di collaboratori?

Il mio team è internazionale, e questo era un punto molto importante per me, perché è anche così che si può continuare a respirare la multiculturalità che da sempre mi anima. I punti fondamentali nella scelta del team sono due. Il primo – e quello fondamentale – sono le persone, che significa nello specifico l’attitudine mostrata dalle persone nei confronti delle sfide e degli obiettivi. Il secondo è l’ambizione. Ovviamente ci deve essere professionalità – questo lo davo per scontato –, ma allo stesso tempo i ragazzi del team devono essere ambiziosi: per me è imprescindibile puntare all’eccellenza. Direi che sono questi i due parametri che mi aiutano nella scelta e nella costruzione del team. Ognuno dei ragazzi, poi, ha un’identità fortissima, il che è un bene perché ognuno di loro deve poter esprimere il meglio di sé stesso contribuendo a migliorare il gruppo.

Punti di forza dell’atelier?

Sono tre: l’atmosfera, l’esperienza e le persone. L’atmosfera è un qualcosa che si realizza attraverso diversi ingredienti: dal sorriso all’accoglienza al profumo che si respira nell’aria, dagli arredi di design alla musica che si ascolta. Nulla è lasciato al caso. Il cliente non deve solo sentirsi a proprio agio all’interno dello spazio, ma deve vivere l’esperienza come se fosse un viaggio alla scoperta del sé in cui lo accompagniamo. Anche la location contribuisce a questa dimensione: entrati nell’atelier, dopo aver attraversato il cortile, lo spazio potrebbe trovarsi ovunque, non per forza Milano, ma anche Parigi, Londra…ovunque. Mi piace tantissimo questo viaggio che i clienti intraprendono venendo da noi: la meta la deve scegliere il cliente.

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Per me è molto importante il rispetto nei confronti del cliente, rispetto che si manifesta attraverso l’ascolto e l’osservazione. È solo attraverso l’osservazione che possiamo capire le sfumature nelle motivazioni dei nostri clienti. I clienti fondamentalmente vengono per due motivi: chi viene spinto dal bisogno e chi viene spinto dall’emotività. È nel secondo caso che i clienti vogliono cambiare qualcosa nella loro vita, professionale o privata che sia, ed è proprio in quel momento che dobbiamo essere bravi ad ascoltare attentamente quelle che sono le sue esigenze.

Quali strategie di marketing e comunicazione adotta?

Fino a due anni fa ero molto “unconventional” e non facevo nulla per quanto riguarda il marketing. Un giorno è entrato in atelier un area partner – Nicola Pizzato – che è rimasto molto stupito dallo spazio e dall’atmosfera, ma a un certo punto mi ha chiesto: come comunichi tutto questo? A chi lo comunichi? Dopodiché mi ha invitata a una presentazione di Lele Canavero. Queste due domande mi hanno portata a riflettere, quindi sono andata alla presentazione, una presentazione che mi ha cambiato la vita. Da quando ho iniziato il percorso con Lele Canavero è cambiato tutto: i risultati ottenuti sono eclatanti, perché oltre a un aumento di fatturato, continuano a entrare clienti in target. Io lo dico sempre: Lele Canavero è “win for life!”, perché porta un costante fattore di crescita agli imprenditori della bellezza.

Come vi aggiornate con la formazione del management e del team?

Io credo che non ci sia evoluzione senza dedizione. È quindi estremamente importante essere sempre aggiornati. È importante l’analisi per ognuno di noi, capire dove siamo più bravi o dove siamo meno bravi. È sulla base di questo che decidiamo la tipologia di corsi da fare. A prescindere da tutto, poi, questo è un settore in cui bisogna sempre rimanere aggiornati. Per esempio, a novembre 2023 vado a Londra per un corso di taglio, così anche i dipendenti fanno corsi, in Italia o all’estero. È fondamentale essere sempre al passo dei nuovi trend.

Per l’atelier qual è il cliente ideale e perché?

Il mio cliente ideale sono donne e uomini ambiziosi, che amano prendersi cura di se stessi e amano prendersi cura della loro immagine. Uomini e donne che amano il dettaglio e l’eleganza. Uomini e donne che vogliono sentirsi unici amando sé stessi, esigendo lo stesso tipo di qualità dal nostro atelier.

Quali sono le difficoltà incontrate ultimamente?

Le risposte più ovvie sarebbero il mercato e trovare collaboratori, e probabilmente avrei risposto così prima di incontrare Lele Canavero. Ma invece penso che il vero problema siamo noi, nel senso di imprenditori. Non basta avere un’idea fantastica o essere il miglior hairstylist del mondo. La parte più importante è analizzare se stessi per capire cosa sappiamo fare bene e cosa no. Sulla base di queste considerazioni, e affiancati da professionisti del settore, dobbiamo migliorare e migliorarci.

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Quali sono i risultati ottenuti e quali sono attesi nel prossimo futuro?

I risultati ottenuti tramite i corsi di marketing e comunicazione che stiamo seguendo – soprattutto per quanto riguarda l’online – ci portano ad avere sempre più clienti in target. Poi un dato molto importante è il tasso di fidelizzazione che abbiamo: possiamo dire che generalmente il cliente non viene mai qui una sola volta, ma torna. Infine è innegabile che anche il fatturato è in continua crescita.

Come vede il futuro del settore?

Per il futuro, credo ci sarà una scrematura naturale: il mercato è ultra esigente, così come anche i clienti sono esigenti, perché si informano a loro volta, quasi tanto quanto noi. In questo contesto, quando non si rimane al passo con quest’evoluzione, si rischia di rimanere indietro per poi uscire dal mercato.

Che consiglio darebbe a un giovane che comincia adesso?

Devono amare questo mestiere e prenderlo sul serio. Proprio per il rispetto della nostra clientela. Inoltre devono sempre essere affamati di novità.

Quali sono i trend attuali?

Ci sono spesso diverse tipologie di trend. Io generalmente non mi focalizzo solamente su uno piuttosto che l’altro. Credo che la sfida più difficile sia consigliare il giusto taglio o il giusto colore al cliente che entra all’interno dell’atelier. È –ovviamente – sempre importante essere aggiornati sui trend, ma la cosa più importante è fare uscire il cliente da qua soddisfatto, con il taglio o il colore giusto.

Mi parlava prima di “percorso” interno all’atelier?

Sì, all’interno dell’atelier abbiamo diverse figure professionali, cioè consulenti che assieme al cliente studiano la sua immagine. Ci sono – per esempio – l’armocromista (che noi chiamiamo Your ColorID) o la bodyshaper. Mentre la prima studia quelli che sono i colori più adatti alla persona, la seconda studia le proporzioni e le forme del corpo. Ognuna delle due arriva a definire quello che è il capo – sia che si parli di colore che di forma – ideale da adottare in base al momento della giornata o degli impegni. Ognuno di questi studi permette – in base alle combinazioni dei vari elementi – di ottenere il 100% dall’immagine del cliente.

Questo genere di clienti sono più donne, uomini, giovani?

Direi che sono più donne professioniste e ambiziose. Per ambiziose – sia chiaro – non intendo solo lavorativamente parlando, ma parlo di donne che vogliono sempre esprimere al massimo la loro immagine. Il lavoro quindi non c’entra, possono anche essere mamme ambiziose.

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Ha storie di incontri particolari da raccontare?

Diciamo che le cose private restano private, anche perché molti personaggi vengono in questo spazio protetto e quindi non vogliono essere pubblicati. E però potrei raccontare di un episodio che mi è successo con una mia cliente che fa la cantante. Un giorno mi ha chiamata in chiusura chiedendomi se poteva passare al volo. Le dico che va bene, quindi l’aspetto anche se l’atelier era già chiuso. Quando arriva si presenta con Shaggy e Pitbull, io sono rimasta scioccata e le ho detto solo che avrebbe potuto almeno avvisarmi, così mi sarei messa un po’ più carina. Al di là di questo è stato molto divertente avere questi due grandi cantanti in atelier.

Chi le piacerebbe avere come cliente?

Non c’è un personaggio pubblico che vorrei avere in atelier. Io amo le persone colte, mi piace condividere con loro determinate cose, perché questo mi aiuta a evolvere.

 

Paolo Robaudi

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